domenica 12 maggio 2013

Folsom Prison Blues - Johnny Cash

Secondo appuntamento con la premiata ditta “Black & Badit”.
Ci siamo ripromessi di dare una cadenza  settimanale o quindicinale alla nostra
collaborazione,così da avere una certa regolarità nella pubblicazione.
Oggi tocca a Johnny Cash,ed alla sua canzone  Folsom Prison Blues.
Buona lettura-ascolto-visione 



FOLSOM PRISON BLUES – JOHNNY CASH

“When I was just a baby, my mama told me, son Always be a good boy, don't ever 
play with guns / But I shot a man in Reno, just to watch him die” (Quando ero solo
 un bimbo mia mamma mi disse: figlio sii sempre un bravo ragazzo, non giocare m
ai
 con le pistole / Ma uccisi un uomo a Reno solo per vederlo morire). Quello ci
tato
 è il verso più famoso di Folsom Prison Blues, canzone che uno sconosciuto J
ohnny
 Cash scrisse agli inizi del 1950 e che registrò e portò al successo solo s
uccessivamente,
 nel 1956, quando iniziò a incidere per la mitica Sun Record di S
am Philips.
 Una canzone che, a dispetto del ritmo caracollante, suona amara e ma
linconica
 perché racconta una storia di prigionia, di dolore e rassegnazione. 
Protagonista del brano è un uomo imprigionato nel penitenziario di Folsom.
 Se ne sta chiuso in cella da tempo immemore (Sono rimasto rinchiuso nella prigione di
 Folsom dove il tempo scorreva interminabile) ad ascoltare il rumore del treno che
passa vicino alla prigione (Sento quel treno che arriva, arriva da dietro la cu
rva).
 Un rumore che è fonte di nostalgia, di riflessioni sui propri errori e su 
una speranza 
di libertà che non arriverà mai (Quando sento quel treno che avanza piego la testa e piango). 



Cash tinteggia in nero una storia di ordinaria violenza, non vuole commuoverci,
 vuole solo raccontare i fatti, la solitudine della prigionia, l’angoscia che si prova
 per  un futuro  già scritto che non potrà essere emendato.
 E’ quel verso fulminante (e disturbante), citato all’inizio, che ci impedisce
 ogni partecipazione alle sorti del prigioniero, che non ha alcuna giustificazione per il reato
 che ha commesso, perché ha sparato un uomo “solo per vederlo morire “.
 Nessuna vera motivazione, dunque, non una donna, del denaro, o una lite.
 Nulla che dia un senso alla morte. Solo la violenza per il gusto della violenza.
 Non c’è solo un filo di luce che illumini la scena : il sole è soltanto intuito
 (Non ho più veduto la luce del sole da talmente tanto tempo che nemmeno 
io mi ricordo da quando), e nel buio rimbombano lo sferragliante passaggio del
 treno e lividi pensieri di morte. Per tutto il testo, Cash non cerca mai la strada
 della comprensione e del perdono, perché non vuole mitigare la tragicità del racconto. Che anzi, prova a esasperare accennando una caustica querelle sociale, 
in cui si pone l’accento sulla diseguaglianza fra ceti (la vita dei ricchi è un 
treno in movimento, quella dei poveracci è una cella buia), sulla lotta di class
e
 e il rancore che ne deriva (Scommetto che ci sono persone ricche nelle sue
 fantastiche carrozze risplendenti e probabilmente bevono caffè e fumano grossi sigari).
 E’ un Cash giovanissimo quello che scrive Folsom Prison Blues. Non gli sono
ancora piombati addosso le pressioni dello star system, la costante e deleteria
conflittualità col padre, le angosce di una vita sentimentale insoddisfacente 
(che risolverà solo con il divorzio da Vivian e il matrimonio con June), i problemi
 di dipendenza dalle anfetamine (da cui non si libererà mai completamente) e i
conseguenti problemi giudiziari (arrestato per possesso di stupefacenti nel 196
5,
 sfiorerà quella prigionia così amaramente descritta nella canzone). 



Ma quando nel 1968 si reca alla Folsom Prison per tenere un concerto da lui 
fortemente voluto, nonostante la resistenza della sua casa discografica, quelle tragedie
 le ha vissute già tutte. Canta per i detenuti, ed è come se cantasse per sè stesso. 
Conosce il dolore e conosce la tribolazione, conosce esattamente il pane duro
 della condanna e della reclusione (per lui la dipendenza dalla droga, per il suo
 pubblico il carcere). Non è un caso quindi che il concerto (da cui sarà tratto un
leggendario disco dal vivo) preveda una scaletta anomala rispetto al repertorio
di Cash, che omette volutamente canzoni famosissime ma lontane dalla realtà
 carceraria (I Walk The Line, Ring Of Fire), per proporre un repertorio “condiviso”,
tra cui spiccano Send A Picture Of Mother (l’angoscia della prigionia),
 25 Minutes To Go (il patibolo che attende) e la ballata disperata di I Still Miss
 Someone. Ed è altrettanto ovvio che The Man In Black apra il concerto eseguendo
 Folsom Prison Blues, così da restituire la canzone, qui in una versione memorabile,
 a i  legittimi proprietari.




14 commenti:

  1. Grande Giova ! Sono davvero felice per il progetto e la bella riuscita! Alla prossima !

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    1. Grande Black!Stavo per fare un salto da te...si sono contentissimo.
      E' apprezzato anche su fb...alla prossima!

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  2. Mi piace questo modo di "fare musica", per parole ed immagini.

    Non so perché ma mi ricorda il Jazz.

    Grandi entrambi :)

    Mist

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    1. Anche a me,molto.Anche per questo amo Scorsese.
      Grazie Mist

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  3. Grazie per questa bella pagina :) Un bacione Giovanni !

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  4. Meraviglioso post...completo di illustrazioni bellissime!
    Amo J.Cash!
    E' stato veramente uno dei migliori cantautori americani!

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    1. Proprio un bell'effetto,parole musica ed immagini!
      Anche a me piace molto J.Cash
      Grazie Arianna

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  5. Avevo già ammirato il tuo bellissimo lavoro nel post di Blackswan...
    Non ci sono parole, la vostra sincronia è perfetta...un piacere per gli occhi e per la mente....
    Ciao amorevole , unico Badit!

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    1. Avevo già visto da Black!Grazie sei Super...:)Sei Rock e sei di Cuore (non nel senso di carta da gioco..:) )
      Ciao Splendida Nella!

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  6. I complimenti te li ho già fatti da Blackswan! :))

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    1. Grazie Adriano,avevo visto:),io ti rinnovo i miei,per i tuoi
      racconti e le tue foto!:)

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  7. Bellissimo questo post, io sono una fan di Johnny Cash! Condivido molto volentieri sulla pagina facebook del blog.

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