Viaggiatori nella Notte – Una
recensione
E’ con piacere che pubblico
questa recensione di “Viaggiatori nella Notte”. Soprattutto perché viene dalla
penna di uno dei “personaggi” di cui Bart canta le vicende: Tony il Poeta.
In persona.
Quindi, prendete un bel respiro
e preparatevi ad immergervi in quell’atmosfera ubriaca, idealista e “operaia”
che si respira al bar di Gino; chi ha sfogliato il libro sono sicuro sa di cosa
parlo. E tenetevi forte, perché la passione, anche in queste righe, è tanta.
Quando ci si trova ad esprimere
un parere a riguardo della produzione artistica di un autore debuttante (il
bravo Bartolo mi perdonerà se a mezzo secolo compiuto lo definisco così) si
corrono sempre dei seri rischi. Quali? Il primo è prevalentemente a carico dell’autore
stesso. Troppi, infatti, si improvvisano scrittori, poeti, cantanti, attori,
ballerini e via dicendo, e tra mille e mille di questi solo uno, forse, ha
virtù e contenuti per definirsi tale e magari nemmeno lo sa. Può accadere, per
ovvia conseguenza di questo non propriamente favorevole rapporto numerico, che
chi è chiamato (a qualunque titolo) a pronunciare una valutazione su una tale
opera di un tale sedicente artista finisca con l’apparire spietato nel momento
di lasciarsi andare ad un commento franco perchè il più delle volte è una
bocciatura in tronco. La mia esperienza, e da qui in poi mi riferirò solo alle
produzioni letterarie perché presumibilmente di tale fatta possono essere
denominate quelle del buon Bartolo, è che qualunque espressione di bocciatura,
ancorché intrisa di ironia, disinvolta caricatura o persino di aperto disgusto,
incide solo inizialmente sull’emozione dello sfortunato e criticato artista
che, superato l’eventuale iniziale smarrimento, riparte alla carica
nell’imbarazzo di tutti coloro che, vicini di casa, parenti, colleghi e
malcapitati del giorno, riprendono a subire la rimonta dell’incontrollabile
impulso all’esposizione del proprio prodotto. A quanti piace guardare l’album
delle foto del matrimonio che i novelli coniugi si affannano a sottoporre,
prima di cena e dopo cena, a tutti quelli che non se ne possono infischiare di
meno? E’ così che funziona.
Il secondo rischio, invece, è a esclusivo
carico di chi giudica. Avviene, in quel famoso uno su mille, che l’opera piaccia.
In questo caso il giudicante deve, e ripeto deve, dar conto e ragione di questo
innamoramento artistico ed individuarlo (con l’obbligo di apparire competente)
nell’uso appropriato di una forma linguistica, nella dotta elaborazione del
contenuto letterario, nella forza adulatoria e seducente della storia narrata e
dei sentimenti che la condiscono, e così continuando. Ma cos’è un’appropriata
forma linguistica? Di sicura sappiamo che Omero, nelle traduzioni di Vincenzo
Monti, e Leopardi non tornano più, ahinoi!, e la letteratura contemporanea ha
in buona misura messo da parte, a torto, ogni lirismo linguistico, ma non è
forse vero che Charles Bukowski o Ferdinand L. Celine, i primi che mi vengono
in testa, che di virgole, punti e virgola, minuscole, maiuscole e coniugazioni
han fatto scempio, sono stati e rimangono autori amati e largamente venduti sul
mercato? E ancora, cos’è il contenuto letterario se, messi da parte il
firmamento, il dì di festa e un bacio profumato, le canzoni (poesie, poesie) di
Tom Waits ci seducono con un lampione e con lo squallore di una fumigante
strada a fondo cieco?
No, qualcosa non torna, amici. La poesia e
la prosa non possono essere materia esclusiva di circoli letterari pieni di
vecchi conservatori dalle chiome ingrigite, chiusi al nuovo come Satana alla
Croce, né possono essere il frutto di oltraggiose speculazioni editoriali che
promuovono al rango di grandi lavori letterari delle opere dismorfe e
sostanzialmente insignificanti. C’è il nuovo che emerge e proviene dai
bassifondi, per l’accademia c’è sempre tempo. Leggetelo, il mio amico Bart. Voi
senza la erre francese, voi che fate a botte con la realtà di ogni giorno, voi
senza nessuno che pensa per voi, voi che per lavorare fate fatica e non
ammaestramento, voi che per fare figura non pescate a caso nel caleidoscopio
delle stronzate, voi che la vita non è un barattolo di miele, voi vi
accorgerete che c’è qualcuno che spende qualche minuto al giorno a sublimare la
dignità degli ubriachi, la delusione dei disoccupati, la bellezza degli
idealisti, la verginità dei paesaggi che l’avidità umana non ha ancora
corrotto, il decoro delle tute degli operai che rare mogli devote stendono al
sole, al quel sole che se ne sbatte dei ricchi e degli endecasillabi perché non
può essere comprato e spartito nei club. Bart scrive di tutto questo, percorre
questi sentieri di solitudine e speranza, e lo fa in sordina perché sa di non
essere nato letterato, sa di avere le stampelle e non le gambe, ma disvela
l’esistenza, presente o passata, di un’infinita lista di soggetti umani, di
neri, sbudellati, intossicati, visionari, avventurieri che hanno speso e
pensato ogni istante della propria vita con il blues, il soul, il rock e le
cento sfaccettature della “musica minore” nella testa e nel cuore. Bart ci
insegna qualcosa, ed io non posso mettere in rassegna cosa, perché aggiunge del
nuovo in ogni riga, perché non finisce di stupire, perché sa tanto di un mondo
parallelo che la discografia modaiola e commerciale relega ogni giorno dietro
le quinte. Bart non è uno scrittore, si avvicina ma non lo sarà mai. E’ un uomo
solitario che non è ancora divenuto un asociale. Un introverso che comunica non
stringendo amicizie al cine o al ristorante, ma condividendo la sua conoscenza
musicale attraverso i suoi appassionati post, come alla domenica si condivide
il Padrenostro stringendoci le mani. Solo che fuori dai post Bart non invidia e
prevarica alcuno. Perdonatelo, invece, per qualche “topica” formale, leggete le
sue righe con calma olimpica, proprio perché lui le scrive in piena eruzione
mentale. C’è un mondo di arte, di musica, di gente vecchia e nuova a cui non
vorremmo mai somigliare, ma che ogni tanto sogniamo di essere. Per il resto
Bart, credetemi, è una testa di cazzo come tutti noi. Pure peggio.
Antonio Lo Presti (Tony il poeta)